"Klama" è un canto di emigrazione scritto da Franco Corlianò, noto poeta e pittore nato a Calimera, una località salentina dove il griko, una lingua greca antica, è ancora parlato. La canzone, intitolata propriamente "O klama i jineka u emigrantu" (Lamento della moglie dell'emigrante), è più comunemente conosciuta con il titolo abbreviato "Klama" o "Andramu pai" (Mio marito se ne va). Scritta nel 1972, "Klama" rappresenta un vivido ritratto delle difficoltà e dei dolori associati all'emigrazione, una realtà che ha segnato profondamente le comunità del Sud Italia.
Un aspetto interessante del griko è l'evoluzione linguistica del termine per "lavorare". In molte lingue europee, questa parola è legata a concetti di "schiavitù" e "dolore". Ad esempio, in greco moderno, "lavorare" si dice "δουλεύω" (dhulèvo), che letteralmente significa "sono schiavo" (δούλος, dhulos). In latino, "labor" originariamente significa "vacillo sotto un peso gravoso". In griko, però, lavorare è "polemào", che si traduce come "vado alla guerra", riflettendo una percezione del lavoro come una battaglia quotidiana. Questa connessione etimologica con "polemos" (guerra) enfatizza la durezza e la fatica del lavoro, specialmente in contesti estremi come quelli minerari.
L'emigrazione dal Salento e da altre regioni del Sud Italia verso paesi come il Belgio e la Germania era spesso destinata a lavori nelle miniere, luoghi pericolosi dove molti hanno perso la vita. La tragedia di Marcinelle in Belgio, dove nel 1956 un disastro minerario causò la morte di numerosi minatori italiani, è un esempio drammatico di questa realtà. Le miniere rappresentavano un vero e proprio "campo di battaglia" per questi lavoratori, costretti a lasciare le loro famiglie e le loro terre in cerca di un futuro migliore, ma spesso trovando solo fatica e morte.
Franco Corlianò, o meglio Frangos Korlianòs nella sua forma greca, era un ferroviere di professione, ma la sua vera passione era la poesia e la pittura. La sua canzone "Klama" è un "traùdi" (dal greco τραγούδι, canzone, derivato da τραγῳδίον, piccola tragedia) che cattura l'essenza della sofferenza dell'emigrante attraverso la voce della moglie che resta a casa. Le parole evocative del testo ("Partono gli emigranti, partono per l'Europa; Mio padre aveva un treno, e terra dove andare...") risuonano non solo nel Salento, ma hanno avuto un impatto significativo anche in Grecia.
"Klama" non è solo una canzone, ma un potente simbolo della lotta e del sacrificio di migliaia di emigranti italiani. Attraverso la lente del griko e delle sue particolarità linguistiche, Corlianò ci ha offerto uno sguardo profondo sulla dura realtà del lavoro e dell'emigrazione. "Klama" rimane un tributo commovente alla resilienza e al coraggio di chi ha affrontato le sfide dell'emigrazione con speranza e determinazione.
Telo na mbriakeftò.. na mi' ppensefso,
na klafso ce na jelaso telo artevrài;
ma mali rràggia evò e' nna kantaliso,
sto fengo e' nna fonaso: o andramu pai!
Fsunnìsete, fsunnìsete, jinèke!
Dellàste ettù na klàfsete ma mena!
Mìnamo manechè-mma, diàike o A' Vrizie
Ce e antròpi ste' mas pane ess'ena ss'ena!
E antròpi ste' mas pane, ste' ttaràssune!
N'arti kalì 'us torùme ettù s'ena chrono!
è' tui e zoì-mma? è' tui e zoì, Kristè-mu?
Mas pa' 'cì sti Germania klèonta ma pono!
Mara 's emena, ttechùddhia itta pedàcia
Torù to tata mia forà to chrono:
- Tata, jatì ste' klei? Ene o A' Vrizio!
Kuse ti banda, kuse ti òrrio sono!
-Ste kuo ti banda ce ste kuo itto sono,
steo ettù ma 'sà ce ste penseo sto treno,
penseo sto skotinò citti miniera
pu polemònta ecì peseni o jeno!
-Tata, jatì e' nna pai? Pemma, jatì
-Jatì tui ene e zoì, mara pedìa:
O ttechùddhi polemà ce tronni
na lipariasi 'us patrunu m'utti fatìa!
Mara 'semà, dellaste ettù pedìa,
dellaste, ngotanizzome ttumèsa;
o tata pirte ce 'mì prakalume
na ftasi lion lustro puru ja 'mà!
PIANTO
[Mio marito se ne va]
Voglio ubriacarmi... per non pensare,
piangere e ridere voglio stasera,
con grande rabbia io devo cantare,
alla luna devo gridare: mio marito se ne va!
Svegliatevi, donne, svegliatevi!
Venite a piangere con me!
Siamo rimaste sole, la festa di San Brizio è passata
e gli uomini se ne vanno uno ad uno!
Gli uomini se ne vanno, stanno partendo!
Se andrà bene li rivedremo fra un anno!
è questa la vita nostra? Questa è vita, mio Dio?
Vanno in Germania piangendo con dolore!
Povera me, poveri quei bambini!
Vedono il loro papà una volta all'anno:
- Perché piangi papà? E' San Brizio!
Senti la banda, senti che bel suono!
- Sento la banda e sento questa musica,
sto qui con voi ma penso al treno,
penso al buio di quella miniera,
là dove la gente muore al lavoro!
- Papà, perché devi andare? Dimmi, perché?
- Perché questa è la vita, poveri ragazzi:
il poverello lavora e suda
per ingrassare i padroni con il suo lavoro!
- Poveri noi, venite qui bambini,
venite, inginocchiamoci a terra;
il papà è andato via e noi preghiamo
che arrivi un po' di luce anche per noi!
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